Perché emigrarono?




L'antefatto


La Valceresio giace nel cuore della regione dei laghi prealpini, a nord di Milano.
Adagiata ai piedi delle Alpi, è da sempre ricordata più che per la fertilità della sua terra, per l'abbondanza della pietra.
Tra i suoi paesi, incuneati tra i confini più meridionali della Svizzera, il principale, per meriti artistici, è Viggiù.
Le cave di Viggiù, Saltrio, Brenno e Cuasso per secoli fornirono una pietra che, lavorata da abili scalpellini, finì in numerosi palazzi, chiese e ville dell'Italia settentrionale.

Alcuni di questi valenti artigiani, poi ricordati come "Maestri Comacini", già attorno al Mille si spinsero oltre le Alpi in Borgogna, oltre i Pirenei in Catalogna, e in ogni angolo d'Italia per innalzarvi cattedrali e non solo, e furono costretti a rimanere lontano dalla famiglia per buona parte dell'anno, ritornando in paese unicamente nella stagione invernale quando i cantieri chiudevano.

Questa trafila, ovvero questo andare e venire, continuò anche nei secoli successivi, esplodendo tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo.
In quei decenni la meta principale divenne Roma.
Diverse generazioni di viggiutesi furono impegnate nei numerosi cantieri edili nella realizzazione di prestigiosi progetti.
Tre di loro, Martino Longhi il Vecchio, Flaminio Ponzio e Onorio Longhi, nominati architetti papali, furono tra i principali artefici del "Manierismo romano", ma... "dopo il bello viene il brutto".
Una spaventosa pestilenza colpì l'intero Ducato di Milano al principio degli anni trenta del Seicento.
Anche la Valceresio, alla fine, ne uscì assai provata e si dice che all'appello mancasse più della metà dei suoi abitanti.

A tale flagello si accompagnò una grave congiuntura economica.
Ci volle più d'una generazione per ricostruire quanto era andato perduto e per vedere riprendere l'antico migrare, che raramente si allungò oltre le Alpi.
È con l`Unità d'Italia che il numero delle partenze crebbe a dismisura.
In molti lasciarono la Valceresio per trovare il pane in Svizzera, in Francia, in Germania, in Russia, in Turchia, nei Balcani, nel Medio Oriente e nell'Africa Settentrionale.

Qualcuno di loro prese il largo. Attraversò l'oceano Atlantico sbarcando nell'America del Sud, in particolare nelle immediate vicinanze di Buenos Aires.
I percorsi si allungarono sempre più e di conseguenza il ritorno invernale si allontanò sempre più, ma l'esodo non era destinato ad arrestarsi.

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Nella foto: A sinistra: Manifesto pubblicitario di traversate atlantiche del 1926
Foto di autore non citato, tratte da vedi nota 1

La voglia d'America


La voglia d'America aumentò e all'inizio degli anni Ottanta (del 1800) in molti presero a sgomitare per raggiungere quel traguardo.

Da Saltrio, Clivio, Viggiù, Bisuschio, Porto Ceresio, Cuasso al Piano e al Monte, Arcisate, Brenno, Ligurno con Cantello, Induno e da ogni frazione della valle in molti fecero la valigia e con la "cassetta dei ferri" in spalla via verso gli Stati Uniti d'America dove non sarebbero mancati un lavoro e una buona paga.

E la paga era così buona che trasformò definitivamente il migratore stagionale in immigrato stabile.

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"Scalpellini della Val Ceresio nel Connecticut" -1912-
Foto di proprietà di F. Abbiati (Brenno Useria -Va-), tratta da vedi nota 2



Note

(1)
Le immagini che accompagnano il testo, ove non altrimenti dichiarato, sono state tratte dall'opuscolo
"Quando in Valceresio si emigrava",
catalogo della mostra omonima tenutasi dal 28/4 al 11/5 1990
presso la sede della Comunità Montana della Valceresio
a cura del prof. Carlo Brusa
della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Milano.

(2)
L'immagine è la copertina dell'opuscolo citato nella nota precedente.




- Testo Pubblicato per la prima volta su ViR il 07-2001 -
- Aggiornato a novembre 2021 by tasa -




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